Inurbamento della fauna e il futuro della gestione integrata

702* 03 agosto 2022

(Articolo tratto da Synergitech)

Ci è ben chiaro che una specie ama davvero l’inurbamento: l’uomo.

Già la metà della popolazione mondiale vive nelle città, una cifra enorme se ci si pensa.

Le previsioni dipingono un futuro dove già nel 2030 i 2/3 dell’umanità svolgerà la propria vita in città, che diventano sempre più grandi e complesse.

Si prepara una sfida epocale per
noi tutti, mentre continuiamo ad affrontare questa crescita in modo assolutamente non efficace e semplicistico.

Continua ad esserci una richiesta di Natura certo, ma nel
completo abbaglio di vederla sempre più, e solo, come uno svago e non un ecosistema dove crescere in modo sostenibile.

Questa crescita di un ecosistema così particolare come quello della città sta portando ad includere tratti del territorio sempre più ampi e a divenire un potente elemento selettivo nei confronti di flora e fauna che si trovano a adattarsi, o perire, in questi nuovi contesti.

Buona parte delle specie che popolano gli ambienti dove crescono le città soccombe alle nuove caratteristiche imposte dalla presenza degli edifici, strutture viarie, servizi e quanto altro gli umani introducono, ma una piccola serie ha trovato modo di adattarsi e, a volte prosperare.

Molti sono i nuovi ingressi in questo panorama che spesso comprendono anche specie appartenenti in origine ad
aree geografiche diverse, i cosiddetti alieni, che sono stati trasportati in tempi diversi dall’uomo e si trovano così a colonizzare nuovi ambienti.

Queste specie sono state
rilasciate intenzionalmente, sfuggite al controllo o sono
semplici “autostoppisti” che sfruttano la veicolazione di
mezzi e persone che da sempre caratterizza le attività umane per “trovarsi” in posti nuovi e colonizzabili.

Quando giungono in un sito nuovo possono non aver fortuna e spegnersi nelle condizioni climatiche inadatte o senza riu-
scire a formalizzare una nicchia ecologica che li sostenga.

A volte invece sfruttano proprio questi nuovi e particolari
ecosistemi per insediarsi e, spesso dopo un certo periodo
di lenta crescita, poi esplodere in modo catastrofico.

Questo è un processo che avviene anche naturalmente
ma che con l’avvento dei trasporti e delle altre attività
umane è divenuto esponenziale.

Molte specie si rivelano
poi problematiche, andando a interferire coi cicli biologici
locali, divenendo dannose econo-
micamente se non anche dal punto di vista sanitario.

Un esempio su tutti la Zanzara tigre.

Questo è un contesto assai com-
plesso che continua a essere totalmente sottostimato, se non in pochi paesi illuminati sulla scorta dei danni che in passato hanno già ricevuto come la Nuova Zelanda.

Si cerca solo di correre dietro i
disastri quando avvengono ma non di divenire proattivi e preoccupati dal futuro di questo aspetto.

Nella disinfestazione, quindi, sono molte le cose cambiate e che cambieranno, ma scarsa o nulla appare la programmazione in tal senso.

Negli esempi che riporto spesso sul cambiamento cito
certo il Ratto nero.

Rattus rattus è specie che ci siamo importati in Mediterraneo (e poi trasportato nel mondo) e
che in tempi storici era diffuso in Italia mediterranea e che nelle città era numericamente non molto diffuso e legato ad ambienti specifici (ratto “dei tetti”) oggi è molto più diffuso e ha invaso altri ambienti, fino a diventare dominante nelle problematiche e anche nelle catture.

L’avvento delle canalizzazioni, dei soffitti ciechi e dei passaggi per cavi gli ha dato un ambito dove nascondere le proprie popolazioni e da cui eseguire le incursioni a procurarsi il cibo.

Oggi le specie che popolano le città sono sempre di più e
ci si trova tra due diverse pulsioni, soprattutto per quanto riguarda i vertebrati.

Da una parte il sempre maggior bisogno di naturalità che cresce, dovuto alle condizioni troppo spesso innaturali di vita di troppe persone, porta ad una idealizzazione delle presenze con un attaccamento emotivo che diviene problematico nel caso si debba operare una gestione delle stesse.

Allo stesso tempo un’altra parte degli stessi abitanti non ammette la presenza di specie non controllate, in base a paure derivanti da ignoranze e
diseducazione, e soprattutto per l’idea insana di controllo
umano di tutto il contesto cittadino.

Muoversi nella gestione di questi aspetti è quindi assai complicato, anche in base ad una legislazione farraginosa dove vecchie istituzioni oramai disfunzionali mal si inca-
strano con le legislazioni di livello europeo e le pressioni da parte del pubblico dall’altra.

Da tempo si chiede un nuovo approccio quadro, che comunque tarda a essere preso in considerazione appunto per la spinosità che molte di queste situazioni si trascinano, lasciando poi nella solita area grigia del “fai da te” la risoluzione delle situazioni.

Solo che appunto in questo contesto affidato più che altro
alla mancanza di controllo, sono poi fiorite associazioni di cittadini che si arrogano la “necessità” delle verifiche, creando non pochi problemi agli operatori “leggeri”.

Oltre alle presenze di roditori, colombi, e piccoli uccelli un altro esempio tipico delle problematiche da affrontare in ambito urbano è quello dei gabbiani e in particolare del Gabbiano reale.

Questa specie un tempo non lontano aveva le sue popolazioni tipicamente negli ambiti costieri ma che oggi ha scoperto essere molto meglio vivere a stretto contatto con l’uomo e procacciandosi i più disparati cibi al margine dei sistemi
produttivi, dei mercati e delle discariche che sono parte integrante spesso del tessuto cittadino.

E oramai anche nidifica nelle stesse città, incrementando così
il numero di individui che imparano fin da piccoli a vivere in quel contesto specifico, sfruttandone le caratteristiche specifiche, senza paura e in piena coscienza del ruolo e distanze che le persone hanno.

Altri uccelli hanno imparato a star bene negli ambiti urbani come Merlo, Ghiandaia, Colombaccio e Taccola, ma
anche la Passera d’Italia ha scoperto che è facile banchettare con le briciole dei bar e che gli avventori di solito manco li notano.

Anche i chirotteri, i pipistrelli, hanno ampie popolazioni
urbane e passano gran parte dell’estate a banchettare a
zanzare e farfalline attratte dalle aree costruite.

Tutti protetti dalla legge, allo stesso tempo però in parte del pubblico ancora sottendono a dicerie assurde, oggi ancor più pompate dalle assurdità della rete o dalle fobie indotte
dalle maldicenze sulla pandemia.

Operare per rimuovere un gruppo di questi animali è perseguibile penalmente per legge e molte sono le associazioni di protezione animale che sono attente alla loro tutela.

Operare in accordo con le stesse associazioni e agendo in modo adeguato, pulendo sotto i rifugi e rispettando gli animali, spesso risolve i problemi in modo tranquillo.

Parlando della presenza di chirotteri ovviamente oggi si sfocia nelle problematiche sanitarie che le “nuove” presenze di animali selvatici pongono in ambito urbano.

Oggi le città si estendono verso i contesti più naturali e agricoli attorno, con aree satelliti residenziali che sono collegate con elementi lineari che spesso diventano corridoi ecologi di permeazione da parte di una diversificatabserie di specie della città.

Oggi volpi, cinghiali, tassi se non addirittura istrici e caprioli possono entrare nelle periferie e divenire elementi complessi da gestire in ambiti dove il traffico stradale, la presenza di scuole e bambini e anche un pubblico oramai completamente avulso dalla reale coabitazione coi selvatici non dà strumenti adatti
per convivere.

Il futuro di questo ambito è assai complesso e ha bisogno di informazioni.

Vuoi saperne di più? Scrivici senza impegno!

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