I vespidi: calabroni e vespe. Come eliminarli in sicurezza

43* 1 marzo 2020

Le vespe sono insetti sociali. La loro società è composta da individui maschi, femmine sterili, operaie e una o più femmine fertili.

Sono insetti lunghi da 1 a 5 cm con corpo bruno o nero e striscie gialle

Sono imenotteri il cui livello di socialità è complesso ed affascinante ma meno “specializzato” di quello delle api e di molte specie di formiche che sono invece esempi evolutivi più alti della socialità fra gli insetti.

I nidi, alcuni semplici ed alcuni più articolati, sono fatti come di cartone creato impastando del legno con la saliva.
A seconda della specie si possono trovare trai rami, nelle cavità dei tronchi, sottoterra (come l’aggressiva vespa germanica), nei camini, nei sottotetti, all’interno delle travi di metallo, dentro cassonetti delle tapparelle ecc. Sono divisi in cellette esagonali con apertura inferiore o laterale e possono essere abitati da decine a più di centomila individui.

Gli adulti delle vespe si nutrono del nettare dei fiori ma predano piccoli insetti per integrare la dieta delle larve che allevano nel nido. Le vespe producono anche piccole quantità di miele che usano sia per nutrire le larve, nonché come scorte di glucidi. Ma non è da confondere con l’ape, insetto utile che produce il miele, che è un animale “economicamente” protetto.

Le femmine sono dotate di un aculeo velenoso che viene utilizzato per difesa. La sua puntura è dolorosa ed in certi casi pericolosa perché potenzialmente in grado di scatenare forme allergiche e shock anafilattico.

Il calabrone, chiamato “massacavallo”, “gravalon” e con altri nomi simili nelle aree di Vicenza, Marostica, Bassano, ecc. è erroneamente considerato più aggressivo degli altri tipi di vespe. È solo la più grande delle vespe europee e nordamericane.
È sostanzialmente carnivoro, predatore di altri insetti tra cui diverse altre specie di vespe e di api. Ma cerca anche la polpa della frutta e i nettari zuccherini.

L’adulto è di colore bruno rossiccio con macchie e strisce gialle. La regina raggiunge i 35 mm di lunghezza, ma può arrivare ai 50 mm. I maschi e le operaie misurano da 20 a 25 mm. Le colonie sono costituite mediamente da circa 100-300 esemplari. Ma imbattersi in situazioni ben più ampie non è difficile.

È attivo sostanzialmente di giorno, ma di notte è attirato dalle luci artificiali dove trova spesso alcune sue prede. Le massime dimensioni della colonia sono a fine estate, quando anche la popolazione di operaie è al suo massimo. quando gli individui sono molti ed i nidi rappresentano fisicamente anche da intralcio.

Il calabrone cerca di sottrarsi con rapida fuga o nascondimento ai tentativi di abbattimento, ma possono diventare molto aggressivi se messi alle strette o se si è in vicinanza del nido. Le femminile sono dotati di pungiglione, le cui punture possono essere molto dolorose. Inoltre, liberano feromoni che informano dell’attacco in corso gli eventuali altri calabroni in zona, talvolta provocandone l’intervento in gruppo. Come nel caso delle altre vespe e delle api, il veleno inoculato può provocare reazioni anafilattiche anche mortali a quei soggetti predisposti.

Il nido è costruito per essere repellente all’acqua e per consentire alla colonia di sviluppare una barriera contro gli agenti atmosferici esterni. Presenta come una semisfera vuota rivolta verso il basso e di pochi centimetri di diametro, nell’interno della quale risiedono le prime cellette, delle strutture esagonali e adiacenti rivolte verso il basso, ognuna contenente una forma di sviluppo: uova, che dopo ina settimana circa diventano larve. Le larve impiegano 15/20 giorni a crescere, occupando via via il volume della propria cella. Sono nutrite con carne di altri insetti. Le larve mature entrano poi nello stadio pupa, chiudendosi all’interno delle celle prima di trasformarsi, dopo circa 15 giorni, in vespe adulte. Queste sono operaie, femmine sterili dedite alla cura della colonia.

Dopodiché la futura regina abbandona gradualmente le mansioni iniziali e si dedica alla sola deposizione delle uova. La regina viene nutrita dalle operaie. Andando di cella in cella, depone uova e controlla che le larve siano tutte sue figlie. In caso contrario le uccide.

L’attività della colonia è decisamente frenetica, per portare avanti la colonia. Le operaie devono svolgere molti lavori, essere nutrici, toelettatrici, foraggiatrici, guardiane, ecc.

Dopo l’ultima covata di settembre, a schiusura delle uova, comincia il declino del nido.
Le nuove regine e i maschi, ora molto numerosi a dispetto delle operaie, a ridosso dell’inverno avviano il periodo degli accoppiamenti. Se tutto andrà bene, le femmine fecondate saranno le regine dell’anno successivo.

La vecchia regina, divenuta troppo anziana per deporre altre uova nel nido, si allontana dal suo regno e muore di vecchiaia, con i primi freddi. Anche le operaie muoiono e la colonia si dirige velocemente all’estinzione a causa del mancato ricambio generazione. I maschi e l’ultima nidiata di vespe possono sopravvivere sino all’arrivo dell’inverno, periodo che in ogni caso non riescono a superare. Per la carenza di manodopera operaia, le ultime larve deperiscono per mancanza di cibo. Questa è la principale causa, assieme ai resti di cibo in decomposizione, del forte odore di marcio e ammoniaca caratteristico delle colonie mature, che si può avvertire aprendo un nido sviluppato. Odore che presagisce la fine imminente della colonia.

Le uniche vespe a sopravvivere all’inverno sono le fondatrici, nate poco dopo i maschi e destinate ad andare in una sorta di letargo, dal quale si risvegliano la primavera successiva, per tentare di fondare nuove colonie.

Del nido, in inverno inoltrato, non resta che l’involucro cartaceo e le cellette abbandonate.

I siti di ibernazione preferiti per le future regine sono di rado intercapedini di costruzione umana, il nido stesso o più di frequente tronchi d’albero marci.

Oltre al disagio curca il rischio di punture, come molti altri tipi di vespe, i calabroni portano ingenti danni alle coltivazioni frutticole, come pere, mele, prugne e uve.
Essendo onnivori mangiano diverse altre specie di insetti molti dei quali sono considerati infestanti e quindi in questo senso essi apportano un beneficio a giardini e coltivazioni. Ma essi risultano nel contempo dannosi quando si nutrono di api domestiche compromettendo la riproduzione della specie, portando danni alle arnie e quindi alla produzione di miele, ma soprattutto all’impollinazione dei fiori.

Pericolo serio si presenta se il numero di punture è superiore a una, a causa del maggiore quantitativo di veleno entrato in circolo nella persona. Il veleno del calabrone interferisce con il corretto funzionamento delle vie respiratorie, causando affanno o addirittura soffocamento. Nei casi più gravi può rendersi necessaria una tracheotomia.

Da molti anni i Vigili del Fuoco, anche per avere le squadre libere in caso di vere urgenze, non operano più nel risolvere il problema della presenza dei nidi di vespe o calabroni, siano questi in zone accessibili che di difficile raggiungimento (tetti, piante alte, ecc.).

Le disinfestazioni professionali, ovviamente, prevedono accorgimenti per la sicurezza a cui l’operatore deve attenersi. L’utilizzo di particolari tute simili a quelle degli apicoltori, guanti, coperture per il capo, ecc. risultano fondamentali, assieme all’esperienza ed all’uso di prodotti abbattenti.
Esistono inoltre valide trappole ad attrattivo alimentare che possono contenere l’infestazione laddove risultino inacessibili i nidi oppure, in aree vaste e caotiche, non si capisca dove siano.

Ongaro Disinfestazioni si rende disponibile a gratuite consulenze, soprattutto per la valutazione e la fattibilità autonoma o meno da parte del Cliente. In particolar modo quando i nidi sono di difficile accesso (camini, cassonetti dell’avvolgibile delle finestre, ecc.)

 

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