Il diserbo chimico, il diserbo a vapore e il pirodiserbo

101* 11 maggio 2020

Il diserbo è la pratica che mira all’eliminazione o al contenimento delle erbe infestanti.
Può avvenire mediante diserbanti chimici, tramite il fuoco (pirodiserbo), il vapore,
i mezzi meccanici come la fresatura, con
mezzi biologici tipo l’uso di parassiti dell’infestante) e con barriere fisiche (pacciamatura).

L’introduzione della nuova normativa europea 1313/2016 ha vietato l’utilizzo del Glifosate come principale erbicida nelle aree pubbliche (scuole, parchi, campi sportivi, ferrovie, strade). Grazie anche alla crescente sensibilità verso l’ambiente, si sono resi necessari interventi di diserbo “biologico” che non utilizzano fitosanitari.

Infatti, i diserbanti più comuni sono composti chimici di sintesi il cui impatto ambientale è significativo sia in agricoltura che in ambito civile.

La fitotossicità è data da principi attivi selettivi (che colpiscono o foglia larga o foglia fine) ed altri che colpiscono tutto come faceva il glifosate. Certi che impediscono la germinazione, altri che agiscono in post-emergenza.

In relazione alla capacità della degradazione e alla loro dinamica nell’ecosistema si può andare incontro a fenomeni di accumulo negli esseri viventi o a deriva ambientale per volatilizzazione, dilavamento, percolamento.
Possono essere inquinanti delle falde acquifere e persistere per anni.

Attualmente si tende a ridurre l’uso di tali prodotti, creandone di nuovi più rispettosi dell’ambiente. Si studiano nuovi bioerbicidi (come ad esempio l’aceto di vino o alcuni funghi). Si promuove buone pratiche agricole atte a prevenire il problema.

Di seguito si elenca alcune tecniche alternative.

Un’alternativa al diserbo degna di nota è quella della semina di piante a bassa crescita come il trifoglio o graminacee che sono in grado di impedire la crescita di altre infestanti.

Il pirodiserbo è, invece, una pratica agronomica di controllo fisico che fa ricorso all’uso del fuoco.
Si effettua con calore secco o umido, mediante onde elettromagnetiche, elettricità, vapore acqueo o energia termica, nelle forme di fiamma libera o raggi infrarossi. Quella con la fiamma diretta è oggi la più comune.

Con questa pratica si crea uno shock termico sulle erbe infestanti provocando il veloce innalzamento della temperatura all’interno dei tessuti della pianta con conseguente morte della pianta nell’arco di circa 2 giorni.
Questa tecnica esercita un’azione molto più elevata sulle piante annuali a foglia larga rispetto alle graminacee.

Il pirodiserbo è utilizzabile in agricoltura ed in ambito civile nelle aree verdi, parchi, giardini, ferrovie, strade, ecc.).
Gli aspetti positivi sono quelli relativi alla non inquinamento. Gli aspetti negativi sono da ricondurre alla limitata efficacia nei confronti delle graminacee. Inoltre ci può essere difficoltà di utilizzazione delle attrezzature a fiamma in prossimità di piante non bersaglio e la difficoltà nell’operare in vicinanza di vegetazione secca. I costi di operatività, spesso, sono elevati.

Altro modo operativo moderno ed ecologico è rappresentato dall’uso del vapore. È un sistema efficace e molto sicuro, ideale per essere intrapreso in qualsiasi condizione meteorologica.
Anche con questo metodo si provoca uno shock termico alla pianta le cui cellule vengono distrutte.

L’effetto è visibile da subito e la pianta muore dopo qualche giorno. Dopo alcuni passaggi, la pianta non ha più la forza di ricrescere e scomparirà in modo definitivo.
Utilizzando l’acqua non da quindi residui nocivi e tossici al terreno.

 

 

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