Ai ratti non piace danneggiare i propri simili (da lifegate.it)

197* 04 ottobre 2020

(Tratto da lifegate.it articolo di L. Brenna)

Ai ratti non piace danneggiare i propri simili.
Questi roditori, analogamente agli esseri umani, evitano azioni che possono nuocere ai loro simili, mostrando dunque empatia.

Forse per giustificare il predominio che esercitiamo sulle altre specie, o forse per alimentare una sorta di vanitĂ , gli esseri umani sono spesso particolarmente restii ad associare agli altri animali, in particolare verso quelli da cui ci separa una maggiore divergenza evolutiva, la capacitĂ  di provare emozioni complesse.

Tuttavia molte caratteristiche che a lungo abbiamo ritenuto uniche e peculiari della nostra specie sono, naturalmente, presenti anche in altre.

La scienza ha ormai ampiamente dimostrato la capacitĂ  degli animali di provare emozioni e, quasi ogni giorno, vengono effettuate nuove scoperte sulle loro capacitĂ  cognitive ed emotive. La capacitĂ  dei ratti di provare empatia verso i propri simili era giĂ  stata dimostrata, un nuovo studio ha confermato che questi roditori evitano azioni dannose per i conspecifici e ha cercato di comprendere questo comportamento dal punto di vista neurale.

L’empatia dei ratti era già stata documentata da precedenti studi. Uno aveva scoperto che rinunciano ad un premio per salvare un compagno che rischia di affogare.

La sensibilitĂ  dei ratti.
L’empatia, ovvero la capacità di comprendere e condividere lo stato emotivo di un altro individuo, è ritenuta una parte fondante del comportamento prosociale, un aspetto importante dello sviluppo umano, ma non solo. Gli autori dello studio Harm to others acts as a negative reinforcer in rats, pubblicato sulla rivista Current Biology, hanno dimostrato che i ratti smettono di compiere azioni per loro piacevoli, se queste danneggiano un altro ratto.

Gli autori dello studio, guidato dal neuroscienziato Julen Hernandez-Lallement, hanno rintracciato l’origine di tale comportamento in un’area del cervello nota come corteccia cingolata anteriore.

I ricercatori hanno messo i ratti dinnanzi due leve: premendo una delle due ricevevano uno zuccherino, mentre premendo l’altra no. Dopo aver fatto familiarizzare gli animali con le leve, hanno abbinato quella che forniva il premio ad un dolore inflitto ad un secondo ratto situato in un compartimento adiacente. La maggior parte dei ratti, pur di non infliggere dolore a un loro simile, si è allontanata dalla leva preferita.

“Proprio come gli umani, i ratti provano avversione a causare danni agli altri”, ha affermato Julen Hernandez-Lallement. Scansionando il cervello degli animali i ricercatori hanno scoperto quale area del cervello si attiva in questi casi, la stessa che si attiva nelle persone.

Gli studiosi hanno dunque ridotto, tramite un anestetico, quella particolare attività cerebrale, scoprendo che in questo modo gli animali “hanno smesso di evitare di danneggiare i compagni”. “Che umani e ratti usino la stessa regione del cervello per prevenire danni agli altri è sorprendente – ha affermato Valeria Gazzola, uno degli autori dello studio -. Dimostra che la motivazione morale che ci impedisce di danneggiare i nostri simili è antica ed evolutiva, profondamente radicata nella biologia del nostro cervello e condivisa con altri animali”

 


 

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