Le nutrie o castori d’acqua

55* 17 marzo 2020

La nutria, detta anche castoro d’acqua o ratto di palude, è un mammifero roditore originario del Sudamerica. È inserita nell’elenco delle 100 specie invasive più dannose al mondo.

Le sue dimensioni possono arrivare a 63 cm di lunghezza per pesare fino a mediamente 10 kg, e non raramente fino a 17 kg.

È un roditore tozzo e robusto. Il suo manto è di lunghi peli rigidi color bruno-giallastro o bruno-rossastro che nascondono quasi del tutto il sotto-pelliccia soffice e vellutato.
Le parti ventrali sono giallo chiaro e meno ruvide delle parti dorsali. Il mento è ricoperto di peli biancastri.
Durante l’inverno la pelliccia diventa più folta e densa.

È un animale semi-acquatico e notturno, ma è spesso visibile di giorno, soprattutto nei periodi più freddi.
Il suo habitat è negli acquitrini, nelle rive dei laghi e corsi d’acqua lenti.
Scava sistemi di cunicoli che variano da semplici tunnel a complessi di camere e passaggi che si arrivano oltre 15 metri.
Può allontanarsi fino a quasi 200 metri dai rifugi.

Le nutrie vivono il loro tempo a nuotare o brucare le piante acquatiche, socialmente in coppie e, in condizioni ambientali per loro ottimali, anche in grandi colonie.

La loro alimentazione sono di vegetali acquatici e radici, tuberi e rizomi. Nelle regioni dove è stata introdotta si ciba di qualsiasi coltura disponibile.

Si riproducono durante tutto l’anno. Le femmine possono partorire 2-3 volte l’anno. La gestazione dura 128-130 giorni.
La cucciolata può essere mediamente composta di 5 piccoli alla volta.

In Italia, la nutria è stata introdotta per scopi commerciali attirati dalla pelliccia. Gli esemplari fuggiti o rilasciati dall’uomo hanno portato a un importante incremento della sua diffusione a livello selvatico.
La sua presenza si è estesa nella pianura padana, in Toscana, lungo la costa adriatica dal corso del fiume Brenta in Veneto, in Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Lazio, Sicilia.

I loro danni strutturali sono dovuti alle tane negli argini, dighe e sistemi di irrigazione. Le esondazioni sono le conseguenze.

Possono rimanere sott’acqua anche 10 minuti e si allontanano oltre 4 metri dal corso d’acqua. Non rappresenta perciò un rischio per le colture terrestri.

Nel Veneto è stato definito un piano temporaneo con lo scopo all’eradicazione del castoro d’acqua, responsabile di danni all’arginatura e sponde dei fiumi anche nel Vicentino.

Le indicazioni dirette agli enti pubblici e ai privati su come contrastare la specie infestante danno in tal modo piena attuazione alla legge regionale 15 del 2016 “Misure per il contenimento finalizzato alla eradicazione della nutria (Myocastor coypus), sintonizzandosi con le più recenti disposizioni nazionali ed europee”.

Il piano stabilisce che ad occuparsi sono una rete di soggetti, pubblici e privati, coordinata dalla Regione. Ne fanno parte, in qualità di soggetti pubblici, le Province, la Città metropolitana di Venezia, Comuni, Consorzi di bonifica, enti parco e gestori delle riserve naturale e dei siti di rete Natura 2000. Rientrano anche i proprietari dei fondi, i cacciatori, le guardie venatorie, le guardie giurate, gli operatori della vigilanza idraulica, possono intervenire – come volontari autorizzati – nel controllo alle nutrie.

Le regole precisano che le nutrie devono essere catturate con gabbie-trappole, o abbattute direttamente con armi da fuoco dagli agenti della polizia provinciale e locale, dal personale dei parchi, da operatori adeguatamente formati e coordinati dalle Province o dai proprietari dei terreni e dai cacciatori purché muniti dei requisiti previsti per legge. Operatori abilitati, proprietari dei fondi e cacciatori devono indossare un apposito giubbotto di riconoscimento ad alta visibilità. Il piano vieta in modo assoluto l’uso di veleni e di metodi non selettivi, che potrebbero colpire altre specie, ma non pone alcun limite al ‘prelievo’ dei capi, visto l’obiettivo ultimo dell’eradicazione della specie in questione.

“In base alla nuova normativa nazionale, le nutrie non sono più considerate fauna selvatica, ma sono state riconosciute “specie nociva”, alla stregua di altri animali infestanti e dannosi, come topi, ratti, arvicole e talpe. Con il piano triennale la Regione assume la regìa degli interventi e dà precise disposizioni a Province, comuni, consorzi, soggetti pubblici e privati coinvolti nella gestione del problema per impiegare in modo coerente e omogeneo tutti gli strumenti consentiti per eliminare in sicurezza questi animali, che possono rappresentare un grave pericolo per le produzioni agricole, l’incolumità pubblica, la circolazione stradale e la tenuta arginale dei fiumi e torrenti”.

 

 

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